giovedì 12 gennaio 2012

Mario Monti: gli italiani ci chiedono di spiegare meglio il nostro ruolo in Europa


Se vogliamo andare oltre il gesto in sé, gli italiani ci chiedono prima di tutto di parlare e di spiegare la crisi che stiamo vivendo – crisi economica, ma non solo – in spirito di verità. In secondo luogo – di fronte alla crisi – ci chiedono di capire in che direzione i sacrifici porteranno la nostra Nazione. Ci chiedono infine di spiegare meglio il nostro ruolo in Europa.
L’Italia, fin dai tempi della nascita di quella bandiera è legata indissolubilmente alle vicende europee. Nella nostra storia, possiamo affermarlo con certezza, l’Italia ha progredito, si è arricchita di conoscenza e di benessere, solo quando ha saputo marciare insieme agli altri popoli europei, solo quando ha saputo contribuire attivamente alla storia della civiltà europea, a determinarne il modello di sviluppo, morale ed economico.
La Presidenza del Consiglio in questo 150° anniversario ha onorato con la costruzione di moderni “memoriali” i protagonisti del Risorgimento – tra loro avversari -, come Giuseppe Mazzini e il conte Camillo Benso di Cavour. Penso a Quarto dei Mille, al Gianicolo, alla Domus mazziniana a Pisa, alla Stazione Tiburtina, a Caprera. Quei padri fondatori avevano tra loro idee opposte. Ma li accomunava un enorme amor di patria, per l’Italia, un europeismo profondo.
Non era un’Europa a due velocità, quella alla quale pensavano Mazzini e Cavour. Era un’Europa inconcepibile senza la presenza attiva dei popoli mediterranei, area strategica, allora come oggi. Oggi assistiamo all’avvio di una sorta di risorgimento dei popoli della sponda sud del Mediterraneo, con mille problemi e contraddizioni, ma abbiamo il dovere di offrire loro modelli e riferimenti, con apertura e comprensione. L’area dell’euro devo continuare a rappresentare un’àncora e un riferimento sicuro, in tutta la sua estensione geografica. Vogliamo anche noi un’Europa con i conti in ordine; un’Europa che sappia assicurare stabilità, anche accettando meccanismi severi; essi sono nel nostro comune interesse. Quanto danno l’Italia, prima di far parte di questi meccanismi europei, ha inconsapevolmente fatto ai propri figli – quelli che oggi non trovano lavoro – pensando di fare azioni eticamente buone, e cioè di dire sì ad ogni istanza sociale senza riguardo al fatto che, dire no dopo scelte difficili e responsabili comporta costi politici nel presente; dire di sì a tutti comporta dei gesti drammatici per coloro che nel presente non votano e forse non sono ancora nati. Ma nessuno può immaginare un’Europa che rinunzia a crescere. Non è un problema di Nord o Sud. Nessun Paese europeo è tanto forte da poter andare avanti da solo ad affrontare le grandi economie mondiali. L’Europa ha necessità di attuare politiche comuni e coordinate di crescita, nella stabilità finanziaria. L’Italia ha dato alla stabilità dell’area euro un contributo decisivo con la incisiva – “eccezionale e coraggiosa”, ha dichiarato ieri alla stampa il Presidente Sarkozy – azione deliberata dal Governo con il decreto del 6 dicembre – ma soprattutto approvata dal Parlamento in via definitiva il 23 dicembre, in tempi eccezionalmente brevi, che testimoniano la volontà compatta dell’Italia e la capacità della politica, dei politici, di quanti siedono in Parlamento. Ora il momento dei compiti è giunto per tutti. Nessuno pensi di poter fare a meno degli altri. L’Europa supererà la crisi solo con un’azione convinta e unita di tutte le componenti dell’Unione. Noi faremo la nostra parte – dovrei dire “continueremo a fare la nostra parte” – memori di essere uno tra i paesi fondatori dell’Unione.

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